LA PRATICA DELLA TRADIZIONE, IN PRATICA?

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Qual è la conseguenza pratica del pensiero tradizionale, cioè quello dell’Hinduismo vedico, del Buddhismo e del Taoismo, della filosofia dell’Essere Unico di Parmenide, Eraclito, Platone e Plotino?

Si tratta di una visione della realtà che intende tutto ciò che esiste come una manifestazione di uno stesso Principio Originario, e quindi diverso da qualunque divinità trascendente generatrice di universi e creature, perché il Principio Originario non genera ma emana, cioè non emette creature fuori da sé, ma semplicemente si trasforma lui stesso nelle sue emanazioni.

Questa visione si chiama “non dualistica”, cioè non contrappone nessuno a nessun altro, perché per essa “Tutto è Uno”. Le implicazioni di questa visione non sono solo puramente speculative e filosofiche: sono invece eminentemente pratiche, riguardano il modo in cui si concepisce l’esistenza stessa, le relazioni tra esseri, e quindi anche la società.

Chi vede il mondo come un Tutto in cui tutti, pur essendo individui distinti, non sono però separati perché sono collegati nell’Uno, ma soprattutto perché sono manifestazioni singole dello stesso Tutto, non vedrà l’altro come un nemico, come un competitore. Lo vedrà invece come una sorta di “altro sé”, una versione diversa di sé stesso. La parola più adatta per descrivere questa percezione è quella che usa il cristianesimo: Fratello.

Dalla visione tradizionale dell'”Ellam Onru”, del “Tutto è Uno”, derivano tutte le grandi religioni (Religo, cioè “Collego in un tutto” come le pagine sono rilegate in un libro) dell’antichità, tutte le più importanti correnti di pensiero filosofiche, ma anche il messaggio dei Vangeli.

“Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli”, si legge in Matteo. “Solleva una pietra ed io ci sarò, spezza un legno e mi troverai”, si legge in Tommaso.

Il Maestro, cioè la Verità e la Via, è l’insegnamento che tutto si corrisponde nel Tutto, che tutti gli esseri sono emanazioni dello stesso Principio Unico, e quindi gli esseri umani non possono che sentirsi fratelli, ma oltre a ciò, essendo lo stesso Principio manifesto in ogni cosa, noi possiamo specchiarci nel grande lago della Natura e vedere la nostra immagine. Noi possiamo sentirci goccia di quel lago. Chi è cosciente di una simile visione, come potrebbe mai offendere qualcuno, far guerra a qualcuno, pretendere di dominare l’altro o addirittura la Natura? Chi farebbe mai guerra a sé stesso?

Invece, chi è ispirato da una visione in cui c’è un principio da seguire superiore e creatore delle creature, che quindi tra loro risultano diverse e separate, per quanto possa cercare di essere rispettoso dell’altro, non vedrà mai sé stesso nell’altro, e men che meno si specchierà nella Natura. Per questo i seguaci delle religioni trascendenti, quelli che credono in un Dio creatore distinto dalle sue creature, e non nel Tutto è Uno, ma anche coloro che pur non credendo in nessun Dio credono che gli esseri siano distinti e separati, hanno anche sempre creduto nella guerra e nella necessità di combattersi, per esempio per debellare l'”eresia” o l'”infedele”. Perché se uno crede di avere il Dio buono mentre gli altri non ce l’hanno, non potrà mai evitare di fare la guerra agli altri, persino se è saggio ed illuminato.

Leggete cosa scriveva Bernardo di Chiaravalle, Santo e Dottore della Chiesa, nel suo “De laude novae militiae ad Milites Templi”: “Il milite cristiano, uccidendo un malvagio, non commette omicidio bensì malicidio: è quindi un carnefice autorizzato da Cristo”. Così il sapiente “dualistico” giustifica l’omicidio, e lo fa un buona fede, perché la sua visione dualista lo porta a credere che sia un “bene” contrapporsi a qualcuno che è un “male”. Se tu credi che l’altro sia un “male”, non potrai che desiderarne l’eliminazione.

Questa è la conseguenza del dualismo, questa è sempre stata nella storia. Il saggio non dualistico invece crederà sempre nella pace, nella fratellanza e nella compassione. Per questo Buddha e nessun seguace che abbia compreso il Buddhismo non predicherà mai la guerra, nessun vero induista o taoista ha mai predicato la guerra. Il concetto di “guerra santa”, ma anche semplicemente di “guerra necessaria” e quindi di “guerra all’altro” è esistita sempre e solo nelle visioni dualistiche del mondo, quelle che credono che siamo tutti distinti e separati, tutti creature distinte dal creatore e quindi che dobbiamo cercare al massimo di convivere per non sbranarci.

Per questo ci sbraniamo, perché nella Storia le masse hanno sempre abbracciato una visione dualistica del mondo, e la visione non dualista, che aveva raggiunto alte vette nel mondo arcaico (senza comunque mai davvero imporsi) si è sempre mantenuta minoritaria. E non c’è bisogno di chiamare in causa la fede religiosa o le chiese, che sono solo un esempio di dualismo. Ci si divide nei partiti politici, nelle razze e nelle etnie, nei sessi, e soprattutto nelle categorie sociali basate sulla ricchezza e sul denaro. La religione del Dio Quattrino è la più dualistica di tutte, separa tutto da tutto, mette in guerra tutto da tutto.

E noi oggi questa religione, prendiamone coscienza se non vogliamo vivere con gli occhi chiusi e mentire a noi stessi, la insegniamo nelle scuole. Chi invece vedesse nell’altro sé stesso, e vedesse un Principio Unico (lo si chiami Dio, o come altro si voglia) tanto nell’altro quanto in sé stesso e nella Natura intera, non avrebbe alcun bisogno di sforzarsi di convivere. Lui avrebbe compassione degli altri, perché avrebbe compassione di sé. Si aprirebbe agli altri perché comprenderebbe che così si aprirebbe a sé. La goccia non farà mai guerra alle altre gocce, quando comprenderà di essere lei stessa il Lago.

Non è utopia, perché con questa visione sono vissuti tanti esseri umani. Da Gautama Siddharta a Rumi, da Francesco d’Assisi al Mahatma Gandhi, da Jiddu Krishnamurti a Don Milani, fino a tantissime altre piccole gocce di cui non è rimasto noto il nome, perché tanto il nome di una goccia non ha alcuna importanza, non hanno importanza né i guru né i maestri né le Chiese.

Ha importanza il contatto col nostro cuore profondo.

About Post Author

Domenico Rosaci

Domenico Rosaci è Professore Associato di Sistemi di Elaborazione delle Informazioni, e conduce ricerche nel campo dell'Intelligenza Artificiale. E' autore dei saggi sull'esoterismo "Arcana Memoria" e "Il Labirinto del Cristo" e dei romanzi "Il Sentiero dei Folli", "La Zingara di Metz" e "I Fiori di Tanato", pubblicati da Falzea Editore.
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