Se credete che ciò che state osservando sia “vero”, allora siete nella cosiddetta fase della “credenza”, che Platone con termine greco chiamava “pistis”.
Il “vero” contrapposto al “falso” sono concetti che emergono nella psiche, concetti di comodo, che la psiche stessa ritiene utili, ma che non corrispondono a nulla di reale. La “credenza” in qualcosa che si osserva non deriva da una qualche intrinseca realtà nell’osservazione, ma dal fatto che ci siamo persuasi che ciò che osserviamo “significhi” qualcosa di preciso, e di solito questa persuasione è stata indotta da qualche elemento culturale, dalla società. Per esempio, io osservo che è stata proclamata la pandemia da Covid, leggo ciò che se ne dice sui media, prendo atto delle misure governative atte a contrastarlo, ascolto cosa si dice sui vaccini e così via, e mi costruisco la mai “credenza” sull’argomento pandemia. Per alcuni questa credenza consisterà nel convincersi che sia in atto un grave pericolo per la collettività e che i governi di tutto il mondo stiano operando per contrastarlo e che la scienza abbia messo a punto straordinari presidi medici quali i vaccini, mentre per altri la credenza potrà essere molto differente, convincendosi che sia in atto un complotto su scala mondiale per controllare la popolazione tramite la pandemia, e che magari i vaccini siano pericolosissimi per la salute.
Per la visione filosofica Tradizionale, entrambe queste “credenze” sono pure creazioni della psiche, prodotte da “persuasioni” operate dalla cultura di massa che fanno sì che le osservazioni dei sensi (ciò che Platone chiamava eikasìa) vengano interpretate sotto un certo punto di vista, ed è così che si formano le opinioni (doxa). Nulla a che fare con la Realtà. Chi volesse approcciarsi con la Realtà (ammesso che ne avesse un qualche interesse, cosa per nulla scontata, anzi nella società di oggi molto rara) dovrebbe iniziare un cammino su una strada molto diversa da quella dell’eikasìa e della pistis, livelli inferiori della conoscenza che Platone descrive in quella sua famosa “teoria della linea” poeticamente espressa nel suo “Mito della Caverna”. La Realtà si approccia mediante un percorso a due stadi, che nel suo complesso Platone chiamava “episteme”, e che rappresenta la vera intelligenza delle cose. Il primo stadio dell’episteme è lo stadio della razionalità e della dialettica, il discorso logico e causale che i Greci ponevano simbolicamente sotto il controllo di Apollo. La Scienza con il suo metodo scientifico galileiano-popperiano è la rappresentante moderna di questo stadio, anche se è strettamente limitata all’ambito materialistico, e chi volesse veramente abbracciare interamente questo livello della conoscenza (dianoia) dovrebbe apprendere l’arte della dialettica in senso lato, non limitata solo all’analisi dei fenomeni materiali.
Ma perché ci possa essere un effettivo contatto con la Realtà in quanto tale, è indispensabile entrare nello stadio dell’Intuizione, della comprensione “noetica” di ciò che si percepisce, intendendo per Nous, intelletto, la possibilità di entrare in comunicazione con la realtà immediatamente, senza interposizione dialettica, al di là di nessi causali e logici, un po’ come fanno i poeti, gli artisti in genere. Per i Greci, questo era il potere di Dioniso, superiore a quello di Apollo perché permetteva di aderire alla realtà come il feto aderisce al grembo della madre, piuttosto che limitarsi ad abbracciare la realtà dall’esterno. Apollo è stato creato dalla psiche umana per dare una mano a Dioniso, per far sì che la potenza esplosiva della conoscenza intuitiva fosse bilanciata, contenuta, dalla razionalità.
La cultura contemporanea ha da tempo dimenticato tutto questo, ed ha rinunciato prima a Dioniso ed ormai anche ad Apollo. Ha perso prima la spiritualità e dopo anche la razionalità, e quindi cosa le è rimasto, per affrontare quell’avventura chiamata esistenza?
Le è rimasta la credenza: credere, ubbidire, combattere. Sperando che alla fine si vinca qualcosa, scartando il cioccolatino di una gigantesca presa in giro che, purtroppo, ci siamo confezionati da noi stessi.