Quanta bellezza esiste, nell’infinita quiete leopardiana della riflessione, come quando si legge ascoltando della vera musica.
Quanta meraviglia, nel meditare un passo dei Vangeli, un canto dell’Inferno dantesco, una pagina di Pasolini. Nello staccare gli occhi dalle parole, improvvisamente, lasciando che la mente vaghi sul primo movimento della sinfonia n. 40 di Mozart, col suo inizio oscuro di contrabbassi, viole e violoncelli, mentre il ritmo cardiaco rallenta, e cala un velo quasi di depressione interiore che provoca il contatto con Lei. Con l’Ombra.
Forse è questo che spiega l’empatia immediata che si prova ascoltando quella musica immortale, che dopo quell’apertura dantesca, pian piano condurrà alla meravigliosa delicatezza, da statua greca, del secondo movimento, ancora solcato da venature malinconiche, ma durante il quale il buio sembra squarciato da bagliori improvvisi di luce.
Così, ciò che abbiamo appena letto ci fa affondare dentro di noi, non è più Dante, né Pasolini, e nemmeno l’anonimo evangelista che ci sta parlando, ma Dioniso stesso, il Dio della profondità.
La Sua profondità, della nostra anima. E quando si raggiunge quel punto di non ritorno, quel margine di roccia sporgente sopra l’abisso, ecco che il minuetto mozartiano ci dona la definitiva calma e distensione, in cui si placa l’insensatezza del disordine, della sregolatezza, dell’aggressività della bestia contro l’altra bestia, e sembrano un lontano ricordo le polemiche costruite sul niente, la rabbia per non riuscire a prevalere sull’odiato nemico, il pulsare di quella vena sulla tempia nella superbia della presunzione, ed ogni altra bruttezza di quel morire quotidiano che i più, curiosamente, chiamano vivere.
Così, nell’ultimo movimento della Sinfonia, in quell’Allegro avvolgente e inebriante, ecco la passione armonica dell’amplesso erotico, la gioia che invade senza distruggere, dolcissima come la brezza di primavera, a sottolineare la bellezza continua della vita, e quel libro che teniamo tra le mani ce lo serriamo al petto, quasi a sentire materialmente quella corrispondenza umana, spirituale ed ineffabile, con la parola scritta, con le idee ed i pensieri di chi ha pienamente vissuto prima di noi e ci introduce al segreto dei segreti.
Un segreto che ha sempre un sottofondo di sofferenza, quasi di rassegnazione. Perché quella bellezza è troppo bella per potere essere davvero comunicata. Perciò ognuno di noi sarà sempre, definitivamente, solo con essa. Una solitudine meravigliosa, gioiosa, per chiunque avesse la fortuna di provarla. Un raggio di sole che illumina l’oscurità, che grazie alla riflessione e alla meditazione qualcuno di noi può imparare a cavalcare, come nel sogno che faceva Einstein, che lo condusse a scoprire la relatività del tempo.
Altrimenti, per chi questo raggio di sole si limiterà a subirlo e basta, ci sarà invece una solitudine disperata, terrorizzante, che potremo leggergli negli occhi, se appena riusciamo a provare un minimo di empatia, un frammento di compassione, per chi non riesce a stare in sella a quel raggio di sole che è la nostra vita, per chi ne viene trafitto e ucciso al calar della sera, scoprendo che per lui tutto è transitorio ed impermanente, tutto conduce rapidamente alla fine.
Ma nella musica di Mozart, nella relatività di Einstein, ciò che per alcuni è un breve istante di tempo, per il cavaliere della luce è un istante senza fine, in cui si ha il tempo per leggere e riflettere su tutti i libri possibili, compreso quello del Mondo, che ha parole cangianti e nessuna scrittura.
Ognuno sta solo sul cuor della terra,
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.