Osservava Oscar Wilde: “Ciò che l’arte tenta di distruggere è la monotonia del tipo, la schiavitù della moda, la tirannia delle abitudini, e l’abbassamento dell’uomo al livello della macchina.”
Oggi la gente scambia la banalità e la convenzione di certi stereotipi, che si auto-definiscono “trasgressivi”, per arte. Scambia operazioni di marketing da quattro soldi, che sfruttano il desiderio di mettersi in mostra e di emergere di giovani menti educate al consumismo, per arte. Scambiano la cultura del nulla, quella che non veicola niente, perché non ha contenuti, non ha originalità, non esprime nessun autentico pensiero, per arte.
Quella che oggi vediamo in giro per questa degradata società di scimmie vagamente antropomorfe non è ricerca di libertà, come molti pensano, non è innovazione, non è semplicemente “l’umanità che cambia e progredisce”. Piuttosto, è un umanità dolente che continua a cambiare invecchiando, proprio come il ritratto di Dorian Gray, che rispecchia tutte le brutture, le storture, le disarmonie dell’uomo contemporaneo che si è lasciato andare all’abitudine, all’omologazione, alla moda sterile che cerca facili consensi.
Così la presunta arte di oggi è solo chiassoso rumore generato da dispositivi elettronici che viene scambiato per musica da quei dispositivi biologici che ancora insistono a farsi chiamare uomini, e dietro l’aspetto gaio, libero e “alla moda” di certi nostri giovani dandy con presunzioni artistiche ci sono solo inquietanti figure di vecchi decrepiti, che dovrebbero almeno suscitare la nostra compassione. Perché siamo noi che li abbiamo dipinti.