Il più grande dono che potremmo offrire ai giovani, se solo lo volessimo, è l’insegnamento del rispetto per il prossimo.
Mi viene in mente quando sento ragazzini che schiamazzano e fanno ogni sorta di rumore molesto, nei cortili o per strada, o negli appartamenti dei palazzi, spesso davanti a genitori incuranti, oppure nelle aule scolastiche e universitarie, nonostante la presenza dei professori. Nessuno a dir loro che c’è un prossimo a cui possono arrecare disturbo, nessuno a insegnare loro quanta bellezza ci sia nel comportarsi con garbo, e quanta bruttura nella sguaiataggine, nella scompostezza, ma soprattutto nell’indifferenza alla presenza dell’altro.
Eppure il ruolo degli adulti, di genitori ed insegnanti, delle persone di esperienza, dovrebbe essere proprio quello di trasmettere, con l’esempio, l’insegnamento al contenimento.
I taoisti chiamano “Yin” il contenimento. La Tradizione filosofica lo designa come quella forza della psiche che equilibra lo “Yang”, che è l’altra forza primordiale che agisce in ogni essere umano come in ogni altro animale.
Muoversi, divertirsi, soprattutto giocare, nel senso di sfogo irrazionale di energia vitale, è ciò che rende profondamente umano ogni individuo, dal momento in cui fa capolino dal ventre materno. Esprimere sé stessi, in modo folle, è importante ed essenziale, guai se questa sacra forza vitale venisse meno in qualunque individuo, soprattutto in un giovane. Lo Yang è sacro, è ciò che rende vivo spiritualmente ciò che altrimenti sarebbe solo una inerte macchina biologica.
Ma la Natura, nella sua meravigliosa creatività, non ha solo dotato gli uomini dell’impulso all’agire, che li spinga a provare esperienze, ma gli ha fornito anche la capacità di equilibrare quell’impulso col contenimento. Frenarsi, per farne altre di esperienze, altrettanto importanti di quelle a cui ci spinge la follia dello Yang.
Frenare la propria libertà, davanti a quella dell’altro.
Frenare l’espansione del proprio orizzonte vitale, davanti all’apparire di quello dell’altro.
Fare l’esperienza del riconoscersi nell’altro, e vedere nei suoi diritti i nostri diritti, e quindi sentire l’impellenza e la bellezza del dovere, della responsabilità, della cura.
L’esperienza di quel meraviglioso sentimento che a volte sboccia nel terreno dell’anima, e che si traduce nel pensiero, magari anche inconscio: “mi importa di te”.
Un pensiero che d’improvviso placa la tempesta, che allo schiamazzo sostituisce il silenzio, alla voglia di urlare contrappone l’ascolto.
Il presupposto necessario all’amore. Il rispetto. Amare vuol dire prendersi cura dell’altro.
Ma questo meraviglioso fiore della cura per il prossimo sboccia solo quando il terreno dell’anima viene innaffiato con la stessa cura da coloro che dovrebbero accudire le giovani piante della vita.
Vedo spesso adulti che danno ai giovani l’esempio terribile dell’egocentrismo, dell’attenzione unica per la propria libertà, i propri diritti, le proprie espressioni, inculcando loro così la determinazione a sopraffare l’altro per imporre le proprie esigenze. Che grande danno che si fa così, alle nuove generazioni! Questi giovani così male educati diventeranno vittime della propria aggressività, non stabiliranno mai relazioni umane proficue, ma al massimo solo rapporti posticci. Impareranno forse a farsi temere, ma non a farsi amare. Saranno condannati alla solitudine, e al vuoto sentimentale.
Non sperimenteranno mai stati divini dell’anima come la riflessione, l’intelligenza profonda delle cose, la bellezza, l’armonia. Cercheranno solo la confusione, lo stordimento dei sensi, l’annichilimento. Non facciamo loro questo, non condanniamoli solo per la nostra mancanza di volontà a compiere il nostro dovere di educatori. Gli adulti devono essere esempi di coraggio nell’insegnare a limitarsi, saper dire no, non assecondare continuamente: i giovani non hanno bisogno di Yang, quello ce l’hanno già dentro, e non va represso. Hanno bisogno invece di Yin, di educazione al rispetto, e quello potrebbero donarglielo gli adulti, se volessero impegnarsi a farlo. Ma molti adulti di questa nostra sciagurata epoca, purtroppo, sono stati essi stessi vittime di cattivi esempi, e sono rimasti dei Peter Pan senza cura.
La cura nasce solo dalla cura. Dall’incuria, nasce solo la zizzania.